È opinione comune che i videogiochi siano delle perdite di tempo quando non addirittura pericolosi.

Nonostante le evidenze scientifiche che dimostrano la loro utilità in ambito psicofisico e sociale, questi preconcetti sono duri a morire. Anche quando il proverbiale “uomo della strada” viene messo a confronto con i numeri del fenomeno gaming: 2.3 miliardi di persone sanno usare e si divertono con i videogiochi. Se davvero questi fossero un ostacolo alla vita dell’umanità, il pianeta Terra intero sarebbe al collasso davanti a certe cifre.

Eppure sul mondo dei videogiochi continua a essere frequente questo genere di disinformazione. Tanto più assurda perché bisogna pensare al motivo per cui i videogame sono stati creati. E da chi.

Non è stato certo per disseminare la società di pericolosi esempi diseducativi, né per creare anarchia. È ovvio che la nascita dei videogame sia legata alla necessità di intrattenere i primi utilizzatori del computer, ma bisogna anche pensare a chi erano, questi utilizzatori.

La premiata ditta Mauckly ed Eckert

È d’obbligo guardare all’indietro nella storia del Ventesimo secolo se si vuole rispondere alla domanda. Uno dei primi computer in assoluto è stato l’ENIAC, creato da John William Mauchly insieme a J. Presper Eckert.

Questi due ingegneri avevano costruito il macchinario perché aiutasse l’esercito americano nei calcoli di balistica, tanto è vero che il progenitore di tutti i videogiochi risale al 1947 e serviva proprio ad esercitarsi a centrare un bersaglio con un missile: si chiamava “Cathode-ray tube amusement device”.

Specifichiamo quanto sopra perché l’ENIAC, come gli altri proto-computer di quegli anni, non era facilmente utilizzabile, e per poterlo azionare servivano competenze di livello superiore in matematica, ingegneria e altre materie scientifiche.

Ad accedervi erano studiosi, scienziati, militari ma non il pubblico. Una delle prime applicazioni su larga scala della nuova tecnologia fu presso il Ministero del Commercio degli USA, che dopo la fine della Seconda guerra mondiale si trovò a dover organizzare un censimento della popolazione a stelle e strisce in modo più veloce che quello manuale.

Non deve stupire: anche internet, dopotutto, è stato inventato in ambiente militare. Solo la frequenza d’uso e le potenzialità nell’accesso a tutte le fasce della popolazione hanno portato a un impiego di tipo comune.

Oggi, guardando a quegli anni di grande creatività scientifica, si capisce che i videogiochi furono diretta emanazione delle menti e delle personalità di chi allora poteva interfacciarsi con quei calcolatori: non giochi ma modi “leggeri” per apprendere e testare le potenzialità di questi macchinari destinati a cambiare per sempre la faccia della società.

Eseguire calcoli più velocemente, come con l’antico videogame Nimrod, oppure calcolare le probabilità, come accadeva con OXO, inventato nel 1952, e intanto immaginare applicazioni in altri campi. Allora i videogiochi non sono altro che software di utilità. Una lezione per i critici e un’illuminazione per chi li usa quotidianamente.